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Durante la pandemia da Covid-19 si sono letteralmente moltiplicati i reati informatici. Non si può non ricordare l’attacco al sistema della Regione Lazio per i vaccini e all' Ospedale San Giovanni di Roma. Questi sono solo due di esempi riportabili. Ma se ne potrebbero menzionare diversi. Il 2020 e l’inizio del 2021 sono stati una cartina di tornasole per far comprendere non solo quanto urgente sia diffondere, in maniera capillare e ben strutturata, la cultura sul digitale, ma quanto sia importante per le aziende e le infrastrutture investire nella sicurezza informatica. Il cybercrime ha trovato un suo sbocco preponderante durante il lockdown. Tutto questo è stato confermato recentemente anche al Salone della Giustizia dove il direttore del Servizio centrale Polizia Postale e Comunicazioni, Nunzia Ciardi, ha sottolineato come: «La pandemia ha aumentato la superficie d'attacco, visto che quello che non potevamo fare fisicamente lo facevamo online, dal lavoro agli acquisti alla sanità e i reati informatici di conseguenza sono aumentati esponenzialmente». Essendo, il cybercrime, diventato un mercato non solo a larga diffusione ma anche abbastanza promettente per chi commette questo tipo di illeciti, lo stesso, quando avviene, non fa altro che mettere in luce le fragilità di aziende ed infrastrutture sul piano informatico. Secondo il Global Risk Report 2021 messo a punto dagli analisti del World Economic Forum il crimine informatico rappresenta una minaccia a livello globale collocabile sul podio per quello che concerne eventuali rischi su base tecnologica e “tra i dieci maggiori pericoli a livello mondiale”. Il sistema di interconnessione sul quale si basa la realtà oggi necessita dell’obbligo di difendersi dal rischio reati informatici. Questo può avvenire solo riuscendo, le aziende e le infrastrutture, a pianificare le strategie di difesa, a formare il proprio personale dall’interno, adeguatamente, e soprattutto imparare a saper condurre delle analisi per cercare di gestire i rischi e semmai prevenirli. L’azione preventiva ha bisogno che ci sia la percezione e la cognizione che l’era in cui si vive è quella della “trasformazione digitale”, in modo tale che una cultura basata sulla realtà 2.0. possa trovare la sua diffusione su più livelli organizzativi. Anche perché il cybercrime ha costi elevati. Stime ben precise fornite da McAfee – azienda californiana – solo nel 2018 gli attacchi informatici a livello planetario avevano costi che sfioravano i 600miliardi di dollari e se si analizzano anche le analisi condotte dal Surrey Centre for Cyber Security il 2021, per il cyber crime, potrebbe aggirarsi nei costi, a 10 milioni di dollari al secondo. Sulla base di queste riflessioni, considerando che le misure di sicurezza vengono bypassate dagli attacchi hacker facendo leva sull’impreparazione – quindi fattore umano – e sulla vulnerabilità dei sistemi, è importante agire sul fronte della cultura della digitalizzazione. Francescapaola Iannaccone
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